SLS: leggenda metropolitana
o pericolo sottovalutato?
di Marcello Pamio
La stampa lo ha bollato come una bufala
megagalattica, la stragrande maggioranza dei siti internet che ne parlano lo
definiscono una leggenda metropolitana, per non parlare dei centri di
ricerca di tutto il mondo che unanimemente concordano nella totale mancanza
di evidenze scientifiche che ne dimostrino la sua cancerosità: stiamo
parlando del Sodium Lauryl Sulfate, popolarmente conosciuto come SLS.
Nonostante tutte le smentite ufficiali il numero delle persone che lente
alla mano controllano gli ingredienti dei saponi, uno per uno, con la debole
speranza nel cuore di non trovare scritto SLS, fa veramente impressione.
Una ricerca disperata e minuziosa che non ha nulla da invidiare ai monaci
certosini sia perché quasi ogni detergente in commercio lo elenca tra gli
additivi, ma soprattutto per via dei nomi e/o
sinonimi
(oltre centocinquanta) usati dalle industrie chimiche che
vanno dall’esotico al latino: Duponol; Dodecyl Sodium Sulfate; Monodecyl
Ester, Sodium Salt, ecc.
Osservazioni, queste, non nuove al pubblico di Nexus che ha avuto già modo
di informarsi sulle problematiche legate a prodotti tossici e/o sostanze
pericolose per l’ambiente e per l’uomo, tra i quali proprio il «caso SLS»
trattato l’anno scorso sul numero 30.
Un lettore attento potrebbe a questo punto domandarsi il perché riproporre
un argomento già trattato in passato. Per rispondere a questa domanda è
necessario fare un passo indietro e andare a spiegare, anche per quelle
persone che non sono aggiornate sull’argomento o che non usano internet,
come è nato il caso e perché esso continua ancora oggi.
Qualche anno fa, per la precisione l’estate del 1998, nella rete delle reti
(internet) ha iniziato a circolare una e-mail, poi diffusa tipo catena di S.
Antonio, nella quale si denunciava la presenza nei saponi e detergenti
casalinghi di sostanze molto pericolose per la salute. Ricerche
universitarie statunitensi dimostravano, sempre secondo questa
e-mail, la cancerosità di un additivo: il SLS contenuto nella
stragrande maggioranza dei saponi.
Non si parlava dei classici detersivi per la casa la cui tossicità è fuori
da ogni discussione ma saponi per le mani e il corpo, shampoo per grandi e
piccini, dentifrici, ecc. insomma tutto quello che fa schiuma e serve a
pulire.
La diffusione di questa allarmante notizia è stata così capillare da
interessare, come abbiamo già detto, anche i media in generale: articoli
sono apparsi su quotidiani nazionali e internazionali, riviste mediche e
scientifiche, per non parlare di trasmissioni televisive. La conclusione per
tutti è stata: bufala gigantesca e/o leggenda metropolitana!
Nonostante le smentite ufficiali, come si diceva, una buona fetta della
popolazione, probabilmente la maggioranza, si sente ancora tutt’altro che
tranquillizzata. Le moltissime lettere pervenute in redazione lo dimostrano.
Stiamo per caso assistendo alla perdita di fiducia in quelle istituzioni
scientifiche che dovrebbero controllare e prevenire gli effetti secondari
della chimica sulla salute? Be’, avere dei dubbi a tal proposito è
certamente legittimo e la storia ne è testimone: quante sono le sostanze
ritenute innocue per decenni poi rivelatesi tossiche e pericolose? Per non
parlare delle malattie nuove che compaiono a ritmo sempre più frequente e
delle allergie a sostanze chimiche, una per tutte la Sensibilità Chimica
Multipla che impazza in questi anni.
Quello che sappiamo per certo è che le fonti ufficiali citate direttamente
nella e-mail come l’University of Pennsylvania e indirettamente come l’IEO,
l’Istituto Europeo di Oncologia, hanno subito preso le distanze dalle
affermazioni riportate. Quest’ultimo addirittura nelle pagine del sito web (www.ieo.it)
incolpa una sua dipendente rea di aver partecipato alla divulgazione
della “catena di S. Antonio” usando l’account postale dell’Istituto. Non
solo ma il comunicato stampa, visibile quando si entra nella home page,
conclude precisando che non esistono evidenze scientifiche che dimostrino
effetti cancerogeni della sostanza Sodium Lureth Sulfate.
Avrete di sicuro notato che qui si fa riferimento al Sodium Laureth
Sulfate e non al Sodium Lauryl Sulfate! La sottile differenza la
capirete alla fine dell’articolo.
Attenzione, nessuno vuole in questa sede criminalizzare la chimica: sarebbe
troppo lungo catalogare e criticare le svariate centinaia di migliaia,
qualcuno parla addirittura di un milione, di sostanze chimiche che
circondano la nostra vita quotidianamente, per cui per il momento ci
accontentiamo di capire cos’è e a cosa serve questo benedetto o maledetto
solfato di sodio lauril.
Il Sodium Lauryl Sulfate è un tensioattivo, cioè un sostanza chimica
che ha la capacità di diminuire la tensione superficiale dell’acqua,
ossia l’adesione della particelle di sporco e di grasso permettendone la
rimozione con l’acqua corrente. Sarebbe come dire, i chimici perdonino il
linguaggio, che aumenta il potere pulente dell’acqua.
Fa parte anche degli schiumogeni, cioè facilita la produzione di schiuma -
questo è lampante quando usiamo saponi e/o shampoo - anzi se siamo onesti
dobbiamo ammettere che se un prodotto non fa schiuma pensiamo immediatamente
che non lavi. A questo proposito è bene sottolineare che potere
schiumogeno e irritabilità cutanea sono strettamente correlate;
non solo ma un prodotto fortemente schiumogeno è sicuramente irritante per
la pelle e gli occhi.
Come mai il SLS è diffuso a tal punto che quasi ogni prodotto lo
contiene in percentuali più o meno diverse?
Sicuramente l’esiguo costo di produzione gioca un ruolo significativo, e le
aziende ne sanno qualcosa, non meno importante però c’è anche la
caratteristica di essere inserito con facilità nelle formulazioni liquide,
cioè nei saponi liquidi. Visto che ultimamente il mercato li richiede
maggiormente rispetto alla classica saponetta anche questo secondo punto non
è da scartare.
Quindi, stabilito che il SLS costa molto poco ed è facilmente
lavorabile andiamo a vedere la sua implicazione a livello salutare.
Come dicevamo prima, nell’articolo dell’accademica Nina Silver intitolato
Prodotti tossici, etichette ingannevoli pubblicato nel numero 30 di
Nexus sono stati presentati i rapporti più contraddittori in merito al
solfato di sodio lauril. “Secondo Ruth Winter, autore del libro A
Consumer’s Dictionary of Food Additives il SLS è soltanto un
irritante per la pelle, per Epstein e Steinman, autori del The
Safe Shopper’s Bible, esso risulta irritante anche per gli occhi e le
mucose”. “Judi Vance, autrice del libro Beauty To Die For,
invece si spinge oltre facendo riferimento a degli studi giapponesi che
evidenziano un danno al DNA”.
Avete capito bene? Qui si parla di possibili danni al DNA!
A questo punto non potevamo non andare a spulciare i principali database
medico governativi alla ricerca di informazioni aggiuntive in grado di
chiarire una volta per tutte il mistero. Quello che è saltato fuori è molto
interessante.
Secondo il Toxicology Data Network,
dell’Istituto Nazionale della Sanità (NIH, National Institute of
Health) il SLS produce reazioni allergiche di sensibilità,
secca la pelle
e le mucose, provocando gravi irritazioni agli occhi. Fin qui nulla di
eccezionale!
Però nello studio della Invitrogen Corporation
del 23 Marzo 1998, oltre ai sopraccitati effetti si aggiungono problemi
vascolari, polmonari e complicanze su embrioni e/o feti (fetotoxicity).
La cosa si fa un po’ più seria invece in uno studio, sempre del
Toxicology Data Network, denominato Effetti degli additivi
farmaceutici sulla sintesi e nei meccanismi di riparazione del DNA (Effect
of pharmaceutical additives on the synthesis of DNA and on repair mechanism),
perché al SLS viene imputato l’effetto di bloccare la sintesi del DNA.
Cosa purtroppo confermata anche dal CDC, il Centro per il Controllo e
la Prevenzione delle malattie (Centers of Disease Control and Prevention)
statunitense, che nel Registro degli effetti tossici delle sostanze
chimiche (Registry of Toxic Effects of Chemical Substances) del
NIOSH, l’Istituto Nazionale per la Sicurezza e la Salute nel Lavoro
(National Institute for Occupational Safety and Health) elenca il
Sodium Lauryl Sulfate come una sostanza in grado di inibire il DNA nel
fegato di ratto, nel porcellino d’india e perfino nei linfociti umani.
Secondo questa ricerca ufficialissima, le dosi che provocano questa
inibizione del DNA sono nel fegato di ratto 243mmol/L,
nel porcellino 60mmol/L
e nell’uomo 100mg/L
Quindi sono necessari 100mg/L (100 mg per litro) di SLS per provocare
l’inibizione dell’acido desossiribonucleico (DNA) all’interno dei linfociti!
Non finisce qui! Il SLS tra le altre cose sarebbe anche in grado di
provocare mutazioni in microrganismi come il Saccharomyes Cerevisiae alle
dosi di circa 3,500mmol/L,
e addirittura 200mg/L provocherebbero mutazioni in qualsiasi
microrganismo.
Esperimenti simili sono stati -purtroppo diciamo noi che aborriamo simili
crudeltà- eseguiti anche su animali da laboratorio dalla Mallinckrodt
Chemicals
e i risultati, pubblicati nel Material Safety Data Sheet ricalcano i
precedenti: effetti mutageni e teratogenici!.
Cosa possiamo aggiungere? Certamente a questo punto fa sorridere sapere che
secondo l’Hazards Toxicity, il Sodium Lauryl Sulfate
figura nell’elenco delle sostanze chimiche che producono danni seri
all’apparato gastrointestinale.